Mulino Mazzone è posto alla destra del Rio del Piattello, quasi in confluenza con il Rio Costazza. Per complessità del fabbricato, la varietà delle macine alloggiate, l’amenità della posizione geografica e per il fatto che è ancora oggi funzionante, questo mulino può essere considerato il più interessante del Comune di Monghidoro.
Antecedente il 1785, come riportato nel Catasto Boncompagni con il toponimo pressoché identico all’attuale “Molino de’ Mazzoni”, il complesso è composto da abitazione, stalla, locali distinti per ciascuna macina e un ampio portico antistante l’ingresso, costruito nel 1878, come attesta la data incisa sull’architrave.
Oltre alle quattro macine alloggiate nel complesso stesso ne esiste una quinta posta in una minuscola costruzione, un centinaio di metri a valle, sulla sponda sinistra detta “mulinlin”, dove venivano macinate le biade.
Essendo ancora in grado di funzionare, questo mulino presenta tutti gli elementi caratteristici degli opifici della specie, a cominciare dallo sbarramento in sassi sul Rio del Piattello per deviare l’acqua nel canale di adduzione, munito di sfioratoio e paratoia chiamata localmente “fiaccacollo”.
Un altro canale convoglia le acque del Rio Costazza per aumentare la disponibilità idrica. Poi una bella botte, ricoperta da una spessa lastra di ghiaccio in inverno, solcata da impettite anatre e oche nelle altre stagioni, circondata da una siepe.
E all’interno, ricoperti da un diffuso velo bianco, la tramoggia sospesa ad un binario di legno ancorato al soffitto, in modo da poter essere spostata lateralmente quando deve essere sollevata la macina per la manutenzione.
La gru in legno, costituita da un braccio mobile avente all’estremità un foro attraverso il quale passa una vite munita, dalla parte superiore, di un grosso dado con bracci o volantino che ne consentono un’agevole rotazione e, dall’altra parte, di due robusti cerchi metallici terminanti con due fori che vengono fatti combaciare con i due appositamente ricavati, in posizione diametralmente opposta, nelle macine giranti dentro i quali vengono inseriti due pioli di metallo che sorreggono la macina quando viene avvitato il dado e consentono il ribaltamento della macina stessa per la battitura.
Inoltre i vagli, fra cui quello da grano fatto di pelle di cavallo, i bigonci e le palozze di legno, la bascula per pesare i sacchi e calcolare la molenda e, applicato all’architrave, un sonaglio da mulo quale efficace antifurto, che ha lasciato il segno dell’utilizzo secolare del mulino nel solco incavato nel bordo della porta ove batte ad ogni apertura e chiusura della stessa.
Condotto nel 1785 da Lorenzini Giacomo e Michele e nel 1815 dal figlio Stefano, nel 1872 il mulino era tenuto da Galli Domenico fu Francesco, nel 1906 da Fabbri Alfredo di Domenico ed infine da Galli Antonio (l’ultimo mugnaio a tempo pieno), mentre la proprietà attualmente è dei Sazzini di Piamaggio.
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Autore: martina tarantini
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